Ma le intelligenze artificiali, alla fine, cosa sono?

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Robot antropomorfi che parlano, pensano e provano emozioni? Macchine in grado di fare qualsiasi operazione mentale tipica degli uomini? Mega-computer dotati di mega-cervelli? Insomma: cosa sono queste intelligenze artificiali di cui tutti parlano?

Proviamo a fare chiarezza: ne abbiamo bisogno, dato che le IA, ormai, fanno realmente parte delle vite di quasi ogni persona del mondo.

- È una scienza, non una setta

Un problema attuale che circonda queste tecnologie è una certa narrazione che le dipinge come «potenzialmente più pericolose dell’energia nucleare» - frasi che possono voler dire tutto e niente. A ogni modo, per sgomberare il campo da facili ricadute ideologiche, è bene partire da un assunto: le intelligenze artificiali sono un ambito di studi e ricerca afferente all’informatica. Si tratta, insomma, di una pratica tecnico-scientifica: non un qualcosa di segretissimo, sviluppato in laboratori sotterranei.

L’obiettivo di questa pratica è quello di realizzare hardware e software in grado di svolgere azioni che, in teoria, sarebbe capace di fare anche un essere umano: fare calcoli, riconoscere immagini e suoni, produrre sintesi di dati, elaborare testi… Il tutto muovendosi da indicazioni date da “veri” esseri umani.

- Il fattore “Agente Intelligente”

Ma l’obiettivo di chi realizza IA non è quello di creare imitazioni dell’intelligenza umana: il focus è un altro, e prende il nome di “agente intelligente” – cioè un ente (fisico o incorporeo) che, seguendo delle istruzioni, può essere capace di svolgere azioni senza sbagliare. La cosa meno umana che esista, a ben pensarci!

L’obiettivo ultimo di chi si occupa di realizzare intelligenze artificiali è proprio quello di creare una macchina in grado, sempre, di fare la cosa giusta al momento giusto. Un’impostazione che noi uomini facciamo fatica (per usare un eufemismo) a praticare: gli esseri umani sono tali proprio in quanto fallaci, in quanto sempre sul limitare di un errore. Un’intelligenza artificiale invece non può essere così: una IA non può sbagliare.

È quindi sensato dire che lo scopo degli sviluppatori di IA è quello di riprodurre fedelmente l’intelligenza umana? Se la si guarda dalla giusta prospettiva, beh, la risposta è semplice: le IA non possono mimare gli esseri umani, perché altrimenti sarebbero fallibili, mentre il loro scopo è quello di essere degli «agenti intelligenti» rigorosamente tesi verso il successo in ogni singola azione.

- Ma quindi è tutta fuffa?

No, niente fuffa, neanche un po’. Anzi, nell’ottica appena descritta, le intelligenze artificiali sono molto – ma molto! – più impattanti di quelle che vengono dipinte da certe narrazioni. Avere, nella vita di tutti i giorni, la possibilità di utilizzare strumenti in grado di agire in modo intelligente e infallibile è molto più potente rispetto ai vari computer-cervelli fantascientifici o i robot umanoidi da cinema.

Le IA sono, attualmente, una delle cose più concrete delle nostre vite. Ogni volta che apriamo Netflix c’è un algoritmo che ci guida, così come quando siamo in qualsiasi social o sul web in genere. E in tantissimi altri aspetti che derubrichiamo come “quotidiani”: la quotidianità contemporanea è possibile soltanto grazie all’enorme presenza capillare delle IA nei nostri numerosi dispositivi tecnologici.

È dunque fuffa la prospettiva da science fiction (per ora!). Per il resto, invece, le intelligenze artificiali sono qualcosa di molto semplice: uno strumento tecnologico, in costante e larghissima crescita, capace di agevolare la nostra vita sempre più connessa alle realtà informatiche e digitali.